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Il monito di Papa Prevost nel suo discorso in Libano


"Attorno a noi, quasi in tutto il mondo, sembra avere vinto una sorta di pessimismo e sentimento di impotenza: le persone sembrano non riuscire più nemmeno a chiedersi che cosa possano fare per modificare il corso della storia"

È con queste parole che Papa Prevost, ha espresso tutto il suo rammarico di fronte alla manifesta incapacità delle diplomazie  di dare una risposta allo attuale stato di precarietà che potrebbe condurre verso una nuova guerra mondiale.

Infatti, che si dovesse tornare a parlare di guerra dopo 80 anni da quell'esperienza che si concluse, di fatto, ad Hiroshima con l'utilizzo della prima bomba atomica, suscita invero, l'idea di un mondo alla deriva.

Ottant'anni di proclami di dichiarazioni d'intenti, di lodevoli e molteplici iniziative tese a cercare di dare a questo nostro mondo un volto più umano, che miseramente si spengono e spariscono, lasciando solo tracce nei libri di Storia.

Un fallimento totale del genere umano che ha perso ancora una volta la sua battaglia contro quelli che sono i diritti fondamentali di ogni individuo.

Una politica degli Stati sovrani tesa unicamente verso i propri interessi economici che non ha tenuto conto in alcun modo del processo di umanizzazione che una più attenta politica mondiale avrebbe imposto.

Una logica del potere che prevarica qualsiasi altra iniziativa; una rigida visione dello Stato inteso nella sua accezione di territorio, di uomini e di armi pronte a distruggere.

Un'occasione persa per cercare di costruire intorno ai blocchi che controllano gli equilibri del nostro pianeta una rete di fratellanza e di solidarietà che avrebbe potuto contribuire a cambiare le sorti del nostro futuro.

Non esiste una pace negoziabile, se quel negozio comporta, necessariamente, oltreché la perdita di centinaia di migliaia di esseri umani, una sottomissione verso una resa pressoché incondizionata.

È la vittoria della forza e della sopraffazione, di chi ostenta i propri mezzi, misurando la propria "politica" sul valore economico e militare, ma è nel contempo, una sconfitta per l'essere umano che vede svilito il significato profondo della propria esistenza.

Parlare di civiltà e di sviluppo è  un artifizio per poter mascherare le barbarie che quotidianamente devastano questo nostro mondo.

La pace non ha recinti, non si può modellare a proprio piacere, non si può delimitare; la pace ha un valore assoluto che corrisponde a quello della libertà.

Se non sapremo riconoscere questo semplice concetto, continueremo a costruire recinti che non potranno mai rispondere a questi requisiti.

È questa la vera sfida da affrontare; riportare nel mondo questa idea di fratellanza e di unità tra i popoli, senza distinzione di religione e di razza ed il richiamo di Papa Prevost appare, purtroppo,  l'ultimo avviso prima dell'inevitabile epilogo.



 
 
 

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