"U pisci spada"
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- 4 giu
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“U pisci spada"
Ernesto, il più anziano dei pescatori di Capo Peloro, amava rifugiarsi, quando il mare non permetteva di pescare, sull'omonimo faro antistante lo “Stretto”.
Sapeva che in quel periodo di Maggio si potevano verificare i primi passaggi di pesce spada
e cercava di trarre delle informazioni utili per la prossima battuta.
Lo chiamavano, infatti, “U pisci spada” perché aveva dedicato tutta la sua vita alla pesca di questa specie.
Quella sera si incontrò con altri pescatori della zona, proprio per organizzare la prima uscita della stagione.
Non appena si verificarono le condizioni di tempo adeguate, in una splendida mattina di primavera, “la caccia” ebbe luogo.
Prima di lasciare la darsena, “U pisci spada" comunico’ ai suoi compagni che sarebbe stato lui “l'antenniere".
La pesca al pesce spada veniva effettuata, infatti, con la "Feluca"; un tipo di imbarcazione con un albero centrale altissimo, destinato
all'avvistamento.
Finalmente, dopo una lunga preparazione, pronunciò la frase di rito “Passa dabanna” che segnalava, appunto, l'avvicinamento della preda.
A quel richiamo l'arpioniere, una volta trovatosi nella condizione migliore per colpirlo, fece partire la sua micidiale, fiocina.
“San Marcu u binirittu”, che avrebbe dovuto proteggerli, purtroppo, quel mattino era molto distratto e la reazione fu immediata. Era un maschio di grandi dimensioni che, scosso dal dolore, iniziò a battere con il suo corpo su una fiancata della feluca facendola scuotere violentemente. Ernesto, che non ebbe il tempo di scendere, restò aggrappato al suo albero, ma subito dopo arrivò un secondo colpo ed un altro ancora che fecero piegare la feluca. Dopo quell'ultimo assalto, l'albero vacillò e lui perse l'equilibrio.
Ebbe il tempo di osservare il volto dell'animale e vide nel suo sguardo tutto il suo terrore.
Nel frattempo, notò l'albero inclinarsi e capì che a breve sarebbe potuto cadere in mare.
In quello stesso istante sentì il crac imminente e abbandonò la presa.
Si accorse di trovarsi in direzione perpendicolare rispetto all'animale, si girò su se stesso per controllare il punto d'arrivo ma vide in quella frazione di secondo la sua spada proprio davanti a sé.
Un attimo dopo, con urlo disumano, la sentì lacerare la sua carne e trapassare tutto Il suo corpo mentre nell'acqua il loro sangue si fondeva in unico, copioso, flusso rossastro.
La vista per i suoi compagni fu terribile; il suo corpo straziato lì lasciò esterrefatti.
Alcuni giorni più tardi, per ricordare l'accaduto, venne posta una targa proprio sul molo vicino alla darsena.
“Ernestu, chiamatu “U pisci spada”, lu nostru piscaturi cchiù vecchiu, murìu lu 25 maggiu 2025 pi pigghiau u pisci.
Lu sò corpu fu trafuratu dâ la spata de lu pesce, di latu a latu. Pisava cchiù assai di 400 kg, lu cchiù pisanti mai catturatu nto Stretto.
Chi Diu benedica la sò anima.







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