I pescatori di Sopravento
- pagineedaltro
- 3 ago
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C'è una darsena
che sa di petrolio e di mare a ridosso del porto.
Poco distante sorge il piccolo borgo di Sopravento. Una comunità di pescatori che vivono di quel poco che la natura può offrire.
Nelle ore più assolate, quando riposano, una luce chiara si posa sui caseggiati e li protegge dal calore come un lenzuolo bianco.
Così d'estate, quando il maestrale soffia impetuoso e la pesca risulta proibitiva, i pescatori usano dormire appena fuori le proprie abitazioni, adagiati sui pagliericci.
Le donne, al contrario, spendono, insieme, il loro tempo riparando le reti. Muovono le loro mani con un'abilità che lascia increduli i meno esperti e con la stessa perizia nei momenti di convivialità si dedicano alla pulizia ed alla conservazione del pesce.
Infatti, osservando il borgo dal belvedere che si trova su un roccione scosceso si può scorgere lungo i vicoli una lunga scia di reti stese ad asciugare e di tanto in tanto si vedono sbocciare dal terreno, quasi per incanto, delle bouganville che con i loro rami si aggrappano e colorano le strade bianche.
Il tempo nel borgo sembra non passare, anch'esso spesso si ferma per ascoltare le storie dei pescatori.
Nei loro racconti non c'è mai rabbia, non c'è rammarico né traccia di delusione.
I pescatori e il tempo vivono in simbiosi; trascorrono giorni, mesi e stagioni senza che ci sia tra loro un'ombra di insoddisfazione e il mare che da laggiù li guarda, sembra voglia tranquillizzarli con la sua presenza.
A volte può succedere, di trovarli nelle poche osterie dei dintorni.
Quando li hai davanti e li guardi con attenzione hai la sensazione che le mani e il volto siano fatti di rocce
plasmate dall'acqua e dal vento.
Abituati ai lunghi silenzi durante la pesca, si esprimono con poche, misurate, parole
e gesti che sembra debbano concludere le loro frasi, rimaste sospese.
Così trascorre il tempo scandito dal naturale avvicendarsi delle stagioni e solo nei giorni migliori preparano, finalmente, le loro reti e tutto il materiale necessario ripetendo, pedissequamente quel rito immortale che da sempre accompagna la loro vita.
Come da tradizione, prima di scendere in mare, si scambiano parole appena accennate, poi pregano nella cappella di Sant'Andrea perché li protegga.
Una volta preso il largo sembra che l'acqua li accolga nel suo grembo. Da millenni, infatti, raccolgono i frutti di quel nido materno che rappresenta il loro principale sostentamento.
I più vecchi dicono che “pescare nelle acque conosciute e' come raccogliere i frutti della propria terra. Nessuno può negare che siano i tuoi.”
Per questo ringraziano Sant' Andrea affinché continui ad aiutarli.
Quando hanno tirato le reti ed il pescato è stato riposto nella stiva, con i primi chiarori dell'alba, si muovono.
Cosicché nel momento in cui si apprestano a rientrare Venere è già alta mentre e nei vicoli dei moli sta nascendo il sole.






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