Lettera alla disumanità
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- 30 dic 2024
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 31 dic 2024
Gentilissima Presidente le invio di seguito questa lettera che ho titolato "Lettera alla disumanità" in contrapposizione al famoso discorso di Charlie Chaplin nella suo film "Il grande Dittatore".
Era il 1940, poco meno di un secolo fa, quando Charlie Chaplin realizzò il suo film capolavoro "Il grande Dittatore" reso celebre dal suo "Discorso all'umanità"; film che rappresenta il testamento ideologico di molte generazioni del dopoguerra.
Purtroppo però, ancora oggi sentendo le parole di Chaplin, si ha la sensazione che il tempo si sia fermato , che queso mondo sia rimasto fermo, incapace di prendere il cammino tracciato. È come trovarsi ancora fermi inorriditi dai crimini della grande guerra con la consapevolezza di non essere riusciti a migliorarlo.
Oggi come allora è impossibile non restare attoniti di fronte a questo continuo strazio che sta devastando l’intera umanità. Eppur si muore! Si muore ovunque; si muore di terrore, si muore di odio, di rancore, di rabbia, ma si muore, anche, e soprattutto, per indifferenza ed egoismo!
In questo nostra maltratratta terra, che abbiamo contribuito lentamente, ma inesorabilmente a distruggere, non c’è più pace!
Dopo la grande guerra che ha devastato il pianeta e dalla quale alla luce di ciò che accade, non siamo più usciti, abbiamo forse tentato di ricostruire una possibile umanità, ma sempre ci siamo nuovamente trovati travolti nell'incubo del terrore.
Quando nel 1948 venne sottoscritta la Dichiarazione Internazionale de Diritti Umani si ebbe la sensazione di essere usciti, finalmente, da quell'incubo senza fine, ma bastò poco per rendersi conto che sebbene fosse stato sconfitto un nemico molti altri pericoli si stavano affacciando minacciosamente sul mondo.
Dopo la ratifica di quella carta, che è rimasta una mera dichiarazione d'intenti, abbiamo assistito ad una nuova involuzione ed i popoli oppressi, sono rimasti tali; cosicché alcune popolazioni dell'Africa Occidentale, del medio oriente e del Sud America, hanno continuato a "sopravvivere" in condizioni di totale indigenza.
Dallo scenario post bellico nacque la ben nota contrapposizione dei due blocchi (quello occidentale e quello dell'ex Unione Sovietica), che in sostanza ancora governa la scena mondiale, ma altre realtà come quelle legate alle popolazoni del terzo mondo non sono state mai affrontate.
Inoltre proprio da questi paesi, dove la crescita demografica è continua, proviene l'enorme flusso migratorio che sta, ormai, bussando da anni alle porte dell'Europa.
Quanti bambini dobbiamo ancora vedere morire sulle nostre spiaggie per mettere in atto delle efficaci politiche di aiuti umanitari?
Abbiamo permesso che una parte del pianeta andasse alla deriva, abbiamo sfruttato nel corso dei secoli i territori dei paesi più poveri, li abbiamo occupati, ci siamo serviti delle loro genti, abbiamo creato la schiavitù; ma non abbiamo fatto nulla per migliorare le loro condizioni di vita.
Il risultato è quello di ritrovarci, oggi, a vivere in un mondo completamente iniquo, ove un terzo della popolazione vive agiatamente consumando oltre i propri reali fabbisogni mentre i restanti due terzi versano nella miseria più assoluta.
Questo enorme, ingiustificato divario ha comportato oltre che problemi di tipo razziale, un profondo distacco tra mondi con due diverse velocità, ed è, naturalmente , motivo di odio profondo e di rancore. Non siamo stati in grado di creare una politica di solidarietà che potesse aiutare questi Stati, non siamo stati in grado o non abbiamo voluto farlo.
Il titolo di questo articolo richiama quel famoso discorso, volendo chiaramente mettere in evidenza, il fallimento delle politiche finora adottate.
Siamo colpevoli perché non abbiamo aiutato questi paesi ad evolversi; a diffondere conoscenza e cultura.
Questo mondo si sta dilaniando e se questo è l'uomo sul quale avevamo puntato; quest’uomo ha fallito ancora! Non c’è nulla che possa giustificare tanto dolore, non c’è ragione per accettare che migliaia di bambini senza colpe, possano morire nell’indifferenza generale, non c’è motivo di uccidere un essere umano soltanto perché di un’altra razza, di un’altra religione, di un’altra cultura.
Non possiamo pensare che un uomo che nasce a Londra, a Berlino o ad Helsinki sia migliore, o abbia maggiori diritti di uno che nasce a Damasco, Kinshasa o Tripoli solo per il fatto di avere avuto la fortuna di nascere e crescere nel "ricco e progredito occidente."
Dobbiamo cambiare rotta, l’uomo non ha più molte opportunità davanti a se; il mondo è completamente diviso tra due diverse umanità: una agiata, ricca, benestante, che vive nella sua opulenza e l'altra, che rappresenta gran parte del pianeta, che versa nella miseria più completa, che non ha futuro, che ha, quale sola possibile soluzione per una vita migliore, quella di emigrare.
I primi continueranno a preoccuparsi di organizzare il fine settimana, a migliorare la qualità dei propri smartphone, a programmare inutili acquisti, ad accumulare superflue ricchezze; i secondi cercheranno come possono di raggiungere la loro "felicità", ma molti moriranno e solo pochi potranno guadagnarsi un minimo di benessere.
La verità è che abbiamo raggiunto ormai un limite oltre il quale è impossibile spingersi e forse tutti gli errori fatti non sono più reversibili. Ormai non possiamo più sbagliare, la dignità dell’uomo si misura nella sua capacità di condividere e risolvere le difficoltà dell’altro!
Basta dolore, basta morti! Non abbiamo più tempo per salvare questa umanità.
Il mondo occidentale in particolare ha subito negli stili di vita delle trasformazioni che hanno modificato profondamente i cicli lavorativi passando da un una società di tipo rurale e contadina ad una moderna, industriale e post industriale, tecnologica, etc., etc.
Questo cambiamento ha visto progressivamente l'abbandono di migliaia di braccianti delle proprie terre e la corsa nelle città e nei grandi agglomerati industriali per essere introdotti in sistemi di automazione e di controllo per gestire macchine e processi produttivi.
Le generazioni del dopoguerra del secondo novecento fino a quelle del nuovo millennio hanno potuto godere di quanto di meglio tali "conquiste" avrebbero potuto offrirgli, ma non sono riusciti a realizzare il bene più prezioso: la pace.
Infatti, in questo mondo, ormai, dilaniato dall'odio, incapace di costruire adeguate politiche di cooperazione e di colmare quei vuoti che separano i popoli, si continua a morire e l'unica vera, incontrastata, certezza è data dalla guerra.
Il nostro compito, con due conflitti in corso ai confini della nostra "vecchia Europa" è quello di trovare, in qualsiasi modo, un dialogo che possa mettere fine a questo strazio, affinché quel tanto agognato obiettivo si possa finalmente, raggiungere.
Questo è l'augurio di tutti ed è ciò in cui tutti confidiamo per questo 2025 nella speranza che tutto questo si possa avverare.
Buon lavoro Presidente.
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